Equitalia: sì alla querela di falso per contestare la veridicità delle firme apposte sulla relata di notifica

Sì alla querela di falso per contestare la veridicità delle firme apposte sulla relata di notifica della cartelle esattoriali di Equitalia per debiti tributari ed infrazioni al codice della strada

 

 

IL FATTO
Un contribuente ha proposto innanzi al Tribunale di Napoli querela di falso nei confronti delle relazioni di notificazione di alcune cartelle esattoriali aventi natura tributaria ed infrazioni a codice della strada.
Più precisamente il contribuente ha assunto la falsità materiale delle firme apposte sulle relazioni di notificazione.

LA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI NAPOLI
Il Tribunale di Napoli ha accolto il ricorso presentato dal contribuente. Per una migliore comprensione della questione appare utile ricordare che, in punto di diritto, la querela di falso è lo strumento processuale atto a contestare l’efficacia di prova legale di cui agli artt. 2700 e 2702 c.c. di un documento e non può essere proposta se non allo scopo di togliere allo stesso (atto pubblico o scrittura privata), l’idoneità a far fede e servire come prova di determinati rapporti, sicché, ove siffatte finalità non debbano essere perseguite, in quanto non sia impugnato un documento nella sua efficacia probatoria, né debba conseguirsi l’eliminazione del documento medesimo o di una parte di esso, né si debba tutelare la fede pubblica, bensì si controverta soltanto su di un errore materiale incorso nel documento (configurabile nel caso di mera “svista” che non incide sul contenuto sostanziale del documento, rilevabile dal suo stesso contenuto e tale da non esigere una ulteriore indagine di fatto), la querela di falso non è ammissibile (Cassazione civile, sez. II, 2 luglio 2001, n. 8925).
In particolare, la querela di falso, sia essa proposta in via principale ovvero incidentale, ha il fine di privare un atto pubblico (od una scrittura privata riconosciuta) della sua intrinseca idoneità a “far fede”, a servire, cioè, come prova di atti o di rapporti, mirando così, attraverso la relativa declaratoria, a conseguire il risultato di provocare la completa rimozione del valore del documento, eliminandone, oltre all’efficacia sua propria, qualsiasi ulteriore effetto attribuitogli, sotto altro aspetto, dalla legge, e del tutto a prescindere dalla concreta individuazione dell’autore della falsificazione. Ne consegue che la relativa sentenza, eliminando ogni incertezza sulla veridicità o meno del documento, riveste efficacia erga omnes e non solo nei riguardi della controparte presente in giudizio.

Secondo la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte i messi degli Uffici finanziari hanno il potere di effettuare notifiche, oltreché degli atti dell’Amministrazione finanziaria, anche nell’ambito del procedimento speciale avanti alle Commissioni tributarie, e le loro attestazioni fanno piena prova, fino a querela di falso, al pari di quelle compiute dall’ufficiale giudiziario, con la sola esclusione di potere notificatorio nel processo per cassazione. Nella notificazione a mezzo del servizio postale, l’attività legittimamente delegata dall’ufficiale giudiziario all’agente postale in forza del disposto dell’art. 1 della legge n. 890/1982 gode della stessa fede privilegiata dell’attività direttamente svolta dall’ufficiale giudiziario stesso ed ha il medesimo contenuto, essendo egli, ai fini della validità della notifica, tenuto a controllare il rispetto delle prescrizioni del codice di rito sulle persone a cui l’atto può essere legittimamente notificato, e ad attestare la dichiarazione resa dalla persona che riceve l’atto, indicativa della propria qualità. Ne consegue che, anche nel caso di notificazione eseguita dall’agente postale, la relata di notifica fa fede fino a querela di falso per le attestazioni che riguardano l’attività svolta.

Ciò premesso, venendo al caso di specie, era stato necessario procedere all’accertamento della falsità della firma apposta sulle cartelle esattoriali suddette attraverso l’esperimento di una C.T.U. grafologica. A seguito di tale C.T.U., era risultata apocrifa in quanto non vergata dal contribuente la sottoscrizione apposta su due documenti notificati.

Ne discende l’accoglimento parziale del ricorso e la conseguente cancellazione delle sottoscrizioni apposte sui documenti falsificati.