Falcidia del residuo credito IVA col pagamento della quota parte all'Ue La soluzione e' proposta dal CNDCEC per permettere di transigere l'IVA nazionale pur corrispondendo all'Ue la totalita' di quota di tributo dovuta
L'Avvocato Generale della Corte Giustizia UE (Eleanor Sharpston) nelle conclusioni presentate il 14 gennaio
2016 nella causa C-546/14 [Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Udine] ha
riconosciuto che i principi comunitari non precludono ad uno Stato membro di accettare un pagamento
parziale del debito IVA da parte di un imprenditore in difficoltà finanziaria, nel corso di un concordato
preventivo basato sulla liquidazione del suo patrimonio.
In particolare il diritto comunitario non osta a un’interpretazione delle norme nazionali, in particolare degli artt.
162 e 182-ter del RD 267/42, che consente a un’impresa in difficoltà finanziaria di effettuare un concordato
preventivo che prevede la liquidazione del suo patrimonio senza offrire il pagamento integrale dei crediti IVA
allo Stato.
Ciò è ammissibile, secondo l’Avvocato generale, a condizione che:
- l’impresa richiedente non abbia deliberatamente occultato attività e non abbia omesso di dichiarare
passività;
- vi sia l’attestazione, da parte di un esperto indipendente, circa l’impossibilità di giungere a una soluzione
più soddisfacente, ferma restando la possibilità, per lo Stato, di opporsi all'approvazione del concordato così
proposto.
L’Avvocato generale ha evidenziato che il principio di effettività della riscossione dell’IVA non è assoluto e non
implica un obbligo degli Stati membri a garantire la riscossione dell’imposta in via preferenziale.
Pertanto, in circostanze eccezionali, specifiche e limitate, gli Stati membri possono rinunciarvi senza
pregiudicare il principio di neutralità fiscale.
Tale interpretazione si discosta radicalmente dalla giurisprudenza di Cassazione e della Corte Costituzionale,
in quanto i giudici nazionali hanno sempre espresso il diniego alla falcidia del credito IVA da parte
dell'imprenditore in concordato preventivo, in ragione della particolare natura dell'imposta “armonizzata” quale
"risorsa propria" dell'Unione europea.