Fallimento. Sì al concordato dilatorio con gli interessi

Cassazione Civile, sentenza depositata il 2 settembre 2015

 

 

 

La società che ha chiesto l’ammissione al concordato preventivo non può essere dichiarata fallita se intende corrispondere gli interessi ai creditori per remunerare il tempo necessario per la liquidazione. È quanto emerge sentenza 2 settembre 2015, n. 17461, della Prima Sezione Civile della Cassazione.

La Corte d’Appello di Roma ha respinto il reclamo proposto da una società dichiarata fallita dal Tribunale, dopo che questo giudice aveva ritenuto inammissibile il concordato preventivo.

La Corte territoriale ha ritenuto lesiva dei diritti dei creditori privilegiati la proposta di concordato avanzata dalla reclamante - di cui ha ritenuto pacifico lo stato d’insolvenza - in quanto la stessa proposta prevedeva una dilazione che andava al di là dei tempi normalmente necessari per l’inizio della liquidazione del patrimonio immobiliare, sicché i creditori privilegiati si sarebbero trovati nella condizione di dover subire il concordato o, per poter votare, di dover rinunciare al loro diritto di prelazione.

Ebbene, la Suprema Corte ha rinviato la causa alla Corte d’Appello capitolina per nuovo esame.

Gli ermellini hanno evidenziato che, in materia di concordato preventivo, la regola generale è quella del pagamento non dilazionato dei creditori privilegiati, sicché l'adempimento con una tempistica superiore a quella imposta dai tempi tecnici della procedura (e della liquidazione, in caso di concordato cosiddetto "liquidativo") equivale a soddisfazione non integrale degli stessi in ragione della perdita economica conseguente al ritardo, rispetto ai tempi "normali", con il quale i creditori conseguono la disponibilità delle somme a essi spettanti. Tuttavia la determinazione in concreto di tale perdita, rilevante ai fini del computo del voto ex art. 177, terzo comma, L.f., costituisce un accertamento in fatto che il giudice di merito deve compiere alla luce della relazione giurata ex art. 160, secondo comma, L.f., tenendo conto degli eventuali interessi offerti ai creditori e dei tempi tecnici di realizzo dei beni gravati in ipotesi di soluzione alternativa al concordato, oltreché del contenuto concreto della proposta nonché della disciplina degli interessi di cui agli artt. 54 e 55 L.f.

La Corte, pertanto, ha ritenuto fondata la censura della società riguardante la violazione degli artt. 160, 161, 162 e 177 L.f., posto che, in base alla proposta avanzata, i creditori avrebbero dovuto semplicemente attendere la liquidazione dei beni gravati da privilegio (quasi tutti immobili) e sarebbero stati comunque riconosciuti gli interessi convenzionali, “ossia degli interessi stabiliti per ciascuno dei creditori privilegiati da ciascun relativo titolo”.

Nel giudizio di rinvio, quindi, la Corte d’Appello dovrà tenere in debita considerazione la parte della proposta concernente la corresponsione degli interessi ai creditori per remunerare il tempo necessario per la liquidazione.

 

Tratta da : Fiscal Focus