Procedure e criticità del piano del consumatore

Il piano del consumatore - Esdebitazione

Il piano del consumatore viene regolato per la prima volta con la legge 3/2012 e, benché i plurimi interventi legislativi avessero lo scopo di favorire il risanamento dell'economia italiana, offrendo al consumatore una serie di strumenti e rimedi per ovviare alle situazioni di insolvenza, temporanea o definitiva, non soggette né assoggettabili alle tradizionali procedure concorsuali, l'istituto “non sembra ancora avere incontrato il favore degli operatori e dei soggetti destinatari”.
Per poter accedere alla predetta procedura, il cui effetto è l'esdebitazione, ovvero la liberazione da tutti i debiti contratti, è necessario che la persona fisica sia qualificabile come consumatore. Pertanto solo qualora il consumatore, trascorso un lasso di tempo idoneo a essere considerato persistente, si trovi in una situazione di insolvenza definitiva ovvero temporanea ma rilevante, potrà presentare la proposta di piano del consumatore a patto che:
- non sia soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dalla legge 3/2012;
- non abbia fatto ricorso, nei 5 anni antecedenti, alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento;
- non ricada nelle previsioni contenute negli artt. art. 14 e 14-bis della legge 3/2012;
- non abbia fornito valida documentazione che permetta di riscostruire la sua esposizione debitoria.
Verificati i requisiti e l'inesistenza delle cause ostative all'ammissione, il consumatore, assistito da un professionista (avvocato o commercialista), procede al deposito del ricorso di ammissione alla procedura del piano del consumatore e contestualmente richiede al Tribunale competente, del luogo ove egli ha la propria residenza o sede principale, la nomina di un Organismo di Composizione della Crisi ovvero la nomina di un professionista in possesso dei requisiti del curatore che, esaminata la situazione, esprimerà la propria valutazione sulla fattibilità della proposta. Nulla vieta al debitore “di avvalersi per la redazione del piano di un soggetto di sua fiducia (…), ma, stante la fattispecie di legge, e i compiti di obiettiva affidabilità previsti per l'O.C.C., è quest'ultimo, che, in ogni caso, deve fare proprio, se condiviso, il piano redatto dal professionista privato, verificandone sia la veridicità che la fattibilità a norma di legge” (Trib. Vicenza, 29.04.2014).
La proposta di piano, che ha contenuto aperto, deve necessariamente prevedere la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei crediti futuri o tramite l'indicazione di eventuali garanti. In tal contesto è l'OCC che redige la proposta insieme al consumatore, ovvero accerta la veridicità dei dati contenuti nella proposta e nei documenti allegati, e procede ad attestare o meno la fattibilità del piano (la Relazione Particolareggiata) con il fine di porre il Giudice Delegato (che fissa con decreto l'udienza per l'omologazione dello stesso) nelle condizioni di valutare la meritevolezza del debitore.
Si potrebbe infatti ritenere che permettere al soggetto debitore di usufruire di un meccanismo di ritorno in bonis crei una lesione delle ragioni dei creditori (a cui è precluso il diritto di voto per l'approvazione del piano) e di quel principio, della par condicio creditorum, tanto caro al legislatore. Il piano del consumatore, tuttavia, passa attraverso un insindacabile giudizio di meritevolezza che sussiste solo qualora venga dimostrato che egli abbia assunto obbligazioni con la ragionevole prospettiva di adempierle, ovvero di non aver colposamente determinato il proprio stato di sovraindebitamento.
L'imprevedibilità dell'insolvenza connessa alla diligenza del consumatore è quindi la garanzia per un giusto e corretto bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco, da dimostrare, allegando alla proposta o al piano, apposita documentazione che attesti la terzietà del soggetto rispetto la crisi. L'interesse del creditore sarà pertanto sacrificato solamente quando venga dimostrata la diligenza del consumatore, intesa come il rapporto sussistente, all'atto della volontaria sottoscrizione del contratto, tra il patrimonio corrente ovvero futuro su cui il debitore basa il proprio giudizio prognostico di adempimento delle obbligazioni scaturenti, e le cause (espressione di valori costituzionali) che hanno indotto il consumatore al ricorso al credito. Del resto, la ratio a base della norma non è la protezione del creditore dall'insolvenza del debitore, bensì la tutela di quest'ultimo dalla stessa insolvenza. Non a caso la stessa legge è nota come Legge Anti-suicidi.

 

Fonte :ratioquotidiano