Falcidia del credito Iva nel concordato preventivo: uno spiraglio dalla Corte di Giustizia dell’U.E.

Con la sentenza inerente la causa C-546/14, pubblicata il 7 aprile scorso, la Corte di Giustizia dell’Ue ha evidenziato un’apertura in tema di ammissibilità nel concordato preventivo, in presenza di specifiche condizioni, di una falcidia del credito erariale per Iva, ritenendo tale procedura non contraria al diritto comunitario

 

La pronuncia della Corte risponde al rinvio pregiudiziale formulato dal Tribunale di Udine, cui era stata sottoposta una proposta di concordato preventivo con liquidazione del patrimonio del debitore che prevedeva, tra l’altro, il pagamento parziale di alcuni creditori privilegiati, tra cui l’Erario per il debito maturato ai fini IVA.

Concordato preventivo e transazione fiscale. Ai sensi dell’art. 160 del R.D. n. 267/1942, l’imprenditore che si trovi in stato di crisi o di insolvenza, può evitare il fallimento attivando la procedura del concordato preventivo; a tal fine deve formulare una proposta ai propri creditori, comprendente un piano che può prevedere, tra l’altro, il parziale soddisfacimento dei crediti (sia chirografari, che privilegiati).

La norma de qua è espressamente richiamata dall’art. 182-ter del medesimo regio decreto , il quale disciplina l’istituto della “transazione fiscale”; ai sensi di tale ultima disposizione, nella predisposizione del piano concordatario, il debitore può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori, nonché dei contributi amministrati dagli enti previdenziali e dei relativi accessori, limitatamente alla quota di debito avente natura chirografaria anche se non iscritti a ruolo, ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell'Unione europea; con riguardo all'imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento.

L’orientamento giurisprudenziale. Il principio della “non falcidiabilità” del credito erariale per Iva nell’ambito delle procedure concorsuali sembrava costituire oramai un capitolo chiuso, anche in relazione all’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cassazione, sentenze 22931/2011, 22932/2011 e 7667/2012), nonché a seguito dell’interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate nei propri documenti di prassi (cfr. da ultimo circolare n. 19/E del 06/05/2015).

La stessa posizione veniva confermata dalla stessa Corte Costituzionale con la sentenza n. 225 del 15/07/2014, ove ha affermato che in sede di concordato preventivo è legittima solo la transazione fiscale di tipo dilatorio per quanto concerne il credito erariale per Iva, essendo vietato allo Stato membro di disporre una rinuncia generale, indiscriminata e preventiva, al diritto di riscossione dell’imposta, quale risorsa propria dell’Unione europea.

L’interpretazione della Corte di Giustizia dell’UE. Con la sentenza inerente la causa C-546/14, pubblicata il 7 aprile 2016, la Corte di Giustizia ricorda, in primis, come gli Stati membri, pur dotati di una certa libertà in relazione al modo di utilizzare i mezzi a loro disposizione, siano comunque obbligati, secondo il diritto comunitario, a garantire una riscossione effettiva delle risorse proprie dell'Unione, le quali comprendono anche le entrate provenienti dall'applicazione di un'aliquota uniforme agli imponibili Iva armonizzati.

Esiste quindi, secondo la Corte “un nesso diretto tra la riscossione del gettito dell'IVA nell'osservanza del diritto dell'Unione applicabile e la messa a disposizione del bilancio dell'Unione delle corrispondenti risorse IVA, poiché qualsiasi lacuna nella riscossione del primo determina potenzialmente una riduzione delle seconde”.

Le garanzie offerte dalla procedura concordataria domestica. Andando al nocciolo della questione, la Corte osserva come la procedura di concordato preventivo di cui alla legge fallimentare sia soggetta a presupposti di applicazione rigorosi, allo scopo di offrire idonee garanzie per il recupero dei crediti privilegiati e pertanto anche dei crediti IVA; nel contesto della procedura, quando l’imprenditore in stato di insolvenza liquida il proprio intero patrimonio per saldare i debiti e tale patrimonio non è sufficiente a rimborsare tutti i crediti, il pagamento parziale di un credito privilegiato è ammesso solo se un esperto indipendente attesta che tale credito non riceverebbe un trattamento migliore nel caso di fallimento del debitore.

Nella sentenza della Corte di Giustizia viene poi evidenziato come la procedura domestica preveda che la proposta di concordato preventivo è soggetta al voto di tutti i creditori cui sia prospettata una falcidia del proprio credito e che tale proposta deve essere approvata dalla maggioranza dell’ammontare dei crediti dei creditori ammessi al voto; in tale contesto, è fatto salvo il diritto dell’Amministrazione fiscale dello Stato membro interessato di votare contro una proposta di pagamento parziale del proprio credito IVA qualora, in particolare, non concordi con le conclusioni dell'esperto indipendente.

Compatibilità della falcidia IVA con il diritto comunitario. Alla luce di tali presupposti, e questo è il passaggio maggiormente significativo della pronuncia, la Corte afferma che “l'ammissione di un pagamento parziale di un credito IVA, da parte di un imprenditore in stato di insolvenza, nell'ambito di una procedura di concordato preventivo, che (…) non costituisce una rinuncia generale e indiscriminata alla riscossione dell'IVA, non è contraria all'obbligo degli Stati membri di garantire il prelievo integrale dell'IVA nel loro territorio nonché la riscossione effettiva delle risorse proprie dell'Unione”.

In buona sostanza, l’imprenditore in stato di insolvenza può legittimamente presentare al giudice una domanda di apertura di una procedura di concordato preventivo ai sensi dell’art. 160 della legge fallimentare al fine di saldare i propri debiti mediante la liquidazione del suo patrimonio, senza dover concludere per tal motivo una transazione fiscale ex art. 182-ter del medesimo regio decreto, con la quale proponga di pagare solo parzialmente un debito IVA attestando, sulla base dell'accertamento di un esperto indipendente, che tale debito non riceverebbe un trattamento migliore nel caso di proprio fallimento.

Prospettive future. A questo punto, caduto di fatto il postulato dell’indisponibilità dell’imposta indiretta per effetto dei vincoli comunitari, ci si auspica che i giudici nazionali recepiscano prontamente la chiave di lettura fornita dalla Corte di Giustizia dell’UE, da condividere pienamente, in quanto offre una concreta possibilità, da un lato all’imprenditore in stato di insolvenza di evitare il fallimento, dall’altro all’Amministrazione finanziaria di incassare somme che la successiva, ineluttabile, procedura fallimentare non permetterebbe se non a seguito di ulteriori falcidie.